N
ulla, più che quel-
la lunga linea di va-
goncini anneriti dal
carbone che risalgono l’Ap-
pennino appesi ad un filo
d’acciaio, rivela l’immagine di
Savona e della sua economia.
Mille vagonetti da cento anni
inmovimento, sempre sospe-
si sul vuoto, mai sicuri di rag-
giungere il traguardo eppure
tenacemente protesi verso un
futuro da conquistare al ter-
mine di una faticosa salita.
A fine giugno di quest’anno
la “ferrovia aerea” Savona
– San Giuseppe di Cairo ha
compiuto un secolo di atti-
vità. Un evento che, in tempi
di recessione e di grandi in-
certezze che non lasciano in-
travedere “come saremo”, of-
fre almeno la consolazione di
poter ripensare a “come era-
vamo” e cosa siamo riusciti
a costruire. Non è vero che
guardare al passato aiuta a
guidare verso il futuro, per-
ché di solito chi si volta in-
dietro rischia ad ogni passo
di sbattere contro un ostaco-
lo: ma serve a dare le giuste
proporzioni ad un momen-
to di difficoltà, dimostra che
si possono attraversare due
guerre mondiali eppure con-
tinuare a vivere ed a svilup-
parsi, fa capire che la capacità
di adattamento di una comu-
nità e della sua economia non
ha limiti quando si riescono a
mettere in campo idee inno-
vative, professionalità, risor-
se adeguate.
Una miscela che nel 1910
aveva consentito di avviare
un progetto per quei tempi
avveniristico, su impulso di
due ingegneri – Antonio Ca-
rissimo e Giovanni Crotti –
che già nel marzo del 1903
avevano lanciato l’idea di tro-
vare al di là del crinale appen-
ninico gli spazi retroportua-
li che le banchine di Savona
non potevano avere a filo di
costa. Come sempre, l’idea di
Carissimo e Crotti trovò non
poche difficoltà a farsi strada
nella “società civile” savone-
se di inizio ‘900. Tra chi te-
meva di perdere il lavoro nel
porto e chi pensava che era
meglio costruire una ferro-
via in più, la diffidenza rag-
giunse livelli ragguardevoli e
quando i progettisti andaro-
no a cercare finanziamenti,
non trovarono a Savona ne-
anche una lira. Per fortuna i
capitali necessari arrivarono
dal Belgio, dopo la costitu-
zione della società anonima
“Les Transports de Savone”.
Nel frattempo, nel 1907,
Carissimo e Crotti aveva-
no ottenuto in concessione
“una zona di specchio ac-
queo dell’estensione di mq.
1500 situato nel porto della
città a ponente della Calata
dei Massi, in località Mira-
mare, per costruirvi la sta-
zione di caricamento delle
Funivie”. Un’area dove agli
inizi del Novecento c’era lo
storico ristorante dei “Pesci
Vivi” mentre i clienti del so-
prastante Grand Hotel Mira-
mare avevano la loro spiag-
gia privata.
L’entrata in esercizio (provvi-
sorio) degli impianti funivia-
ri fu celebrata sulla Domeni-
ca del Corriere del 20 giugno
1912, anche se poi si dovette
attendere il 1° agosto 1913
per ottenere l’autorizzazio-
ne ministeriale all’esercizio.
La costruzione della linea,
lunga 17.362 metri, rappre-
sentò una vera impresa in-
gegneristica: furono sistema-
ti 209 tralicci e tra pilone e
pilone venne gettato il cavo
d’acciaio portante del diame-
tro di 50 mm, capace di re-
sistere alla trazione di 150
tonnellate. Il movimento del
sistema era poi garantito dal
cavo traente (25 mm) al qua-
le erano agganciati i vagonet-
ti, ognuno dei quali in grado
di trasportare una tonnellata
di carbone (anche se inizial-
mente la merce più traspor-
tata era il cotone). I vago-
netti, posti a 72 metri l’uno
dall’altro, erano intervallati
di 23 secondi e compivano il
tragitto in un’ora e 40 minu-
ti. A San Giuseppe di Cairo fu
costruito un parco di 60 mila
mq, con una capacità di stoc-
caggio pari a 200 mila ton-
nellate.
Quanto al terminal di Mira-
mare, inizialmente non esi-
stevano gli impianti di sbar-
co diretto da nave a deposito
(e punto di partenza dei va-
gonetti). Sbarco e riempi-
mento erano compiute utiliz-
zando tramogge galleggianti
caricate a braccia, ma nono-
stante questo la capacità an-
nua di trasporto della funivia
già superava 1,2 milioni di
tonnellate. Nel 1926 il siste-
ma funiviario fu completato
con la costruzione del ponti-
le d’accosto (lunghezza 130
metri, fondale di 9,50) dove
erano sistemate 4 gru a ben-
na per lo scarico meccanico
delle navi.
Nel 1935, con la costruzione
a Bragno della cokeria Coki-
talia, direttamente collegata
con le Funivie, la “ferrovia
aerea” venne raddoppiata
(come già previsto nel 1912)
e furono ulteriormente po-
tenziati gli impianti di sbar-
co, con 4 gru che pescavano
direttamente il carbone dalla
stiva della nave.
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Nel 1912 entrava in funzione la prima linea funiviaria tra Savona e la Val Bormida
Cento candeline
su mille vagonetti
1,2 4,5,6,7,8,9,10,11,12,13,...16